Lo strumento, attribuito a Giuseppe Pedrazzini, mi viene affidato dal proprietario nella primavera del 2020. E’ stato un restauro particolarmente impegnativo, ma credo abbia dato buoni risultati.
Lo strumento ha Effe di buon disegno e di buon taglio anche se di diversa larghezza, bordi fini a tutto tondo, bombature piene, punte ben proporzionate, con curve ampie nelle C e più secche alle spalle e alle code. La testa, in legno di noce, è di bel disegno e scavata con vigore.
Il modello è grande, tondo nella parte inferiore e con spalle piuttosto spioventi. Il fondo è piegato e senza tagli nella sua parte superiore.
Il contrabbasso e’ di proprieta’ del M° Mario D’Amato, musicista italiano residente ad Helsinki, ed ha acquistato lo strumento francese da un noto musicista jazz finlandese.
Lo strumento mi arriva per corriere, in una custodia rigida, privo di ponticello, corde ed anima, per un restauro completo. Scopo del lavoro sara’ la messa in sicurezza di tutte le rotture, la piena funzionalita’ e suonabilita’ dell’oggetto, il suo recupero dal punto di vista estetico.
Lo strumento porta sul fondo un marchio a fuoco “F Pillement Pere A Paris“, e la costruzione ha le caratteristiche della liuteria francese. Francois Pillement fu liutaio e mercante a Mirecourt , nacque nel 1758 e mori’ forse nel 1830.
Jean Francois, mercante di violini a Mirecourt nel 1788, fu con ogni probabilita’la stessa persona e non un figlio. Si firmo’ in vari modi ( A Paris, A Cremone) ma lavoro’ sempre, pare, a Mirecourt. Un altro liutaio “Pillement” lavoro’ a Mirecourt costruendo contrabbassi negli anni ’70 dell’ottocento.
Lo strumento e’ di proprietà del conservatorio “G. Verdi” di Milano.
Mi e’ stato affidato nella tarda primavera del 2008 per il restauro, con l’intenzione di esporlo nel museo dell’istituzione e di farlo suonare con frequenza regolare.
Questa raccolta di appunti e fotografie documenta il lavoro fatto.
Prime considerazioni
Si tratta con ogni probabilita’ del contrabbasso citato dal Vannes nell’edizione del 1951 del suo dizionario dei liutai (Rene’ Vannes, Dictionnaire Universel des Luthiers, deuxieme edition, Bruxelles, Les amis de la musique.)
Lo strumento e’ di bella liuteria e mantiene la sua vernice originale rosso arancio, di forte spessore, apparentemente ad olio.
La tavola e’ di legno d’abete; fondo, fasce e testa sono di faggio, l’asta del manico e’ stata innestata in acero, forse dal liutaio Erminio Malaguti, del quale sono presenti due etichette di riparazione del 1965.
Il puntale e’ d’alluminio, non originale, della fabbrica “Ferrarotti” di Torino.
E’ presente un alto zoccolo avvitato allo zocchetto inferiore, che svolge la funzione di appoggio per il cavo della cordiera e diminuisce la pressione delle corde sul ponticello.
La tavola, in sei pezzi, e’ in buone condizioni, con qualche consumo e rifacimento di bordi e una giunta scollata.
Le fasce presentano diverse aperture, riparate pesantemente con una serie di foderature a fibra perpendicolare in abete.
Un settore di fascia in corrispondenza dello zocchetto inferiore e’ stato rifatto con legno di platano.
Il fondo, in due pezzi, e’ bombato e piegato al quarto superiore.
Presenta scollature della giunta centrale, una frattura alla spalla dei gravi, la rottura della piega e della barra ad essa sottostante.
La nocetta e’ stata modificata con due rimesse di bordo e la sostituzione di parte del filetto
Il formato della cassa e’ piuttosto grande (larghezza inferiore mm 708, larghezza superiore mm 485, larghezza minima al centro mm 335, lunghezza mm1133, altezza fasce massima mm220, alla piega mm203, al tallone mm135).
La parte inferiore e’ molto ampia, le spalle sono contenute, la parte centrale tra le C e’ piuttosto stretta.
Le punte e le C sono disegnate da curve ampie e morbide.
La testa e’ di mano decisa, con lunghi bottoni non perpendicolari.
La cassetta delle meccaniche e’ stata modificata con due rimesse (guance) esterne.
Il diapason di cassa, come indicato dalle tacche delle effe, e’ posto all’incirca alla meta’ della lunghezza della tavola.
Percio’, nonostante il formato dello strumento sia relativamente grande, la corda vibrante risulta corta.
Al momento il manico, non originale, e’ tagliato “alla milanese”, con l’appoggio al tallone piu’ lungo di un semitono, e tuttavia la lunghezza della corda vibrante non supera i 1045 millimetri.
Lo strumento mi viene affidato dal Maestro nell’estate del 2009 per un restauro completo. Il lavoro dovra’ essere eseguito nel rispetto delle parti originali dell’oggetto e della sua storia, e ne dovra’ preservare la funzione musicale attuale.
Le parti rotte o deformate andranno riparate per restituire solidita’ ed equilibrio allo strumento, e le aggiunte malfatte andranno rimosse, ma ci si asterra’ da interventi che vogliano renderlo piu’ moderno e suonabile a costo di modificarne le forme.
Allo stesso modo, ci si asterra’ dall’annullare le alterazioni che lo strumento ha subito nei secoli nel tentativo illusorio di ricrearne un presunto “stato originale”. Il Maestro non possiede certificati o stime di esperti ne’ documenti di acquisto relativi a questo contrabbasso.
Egli l’ha avuto in eredita’ dal padre, Gino Pederzani, a sua volta valente contrabbassista presso l’orchestra della RAI di Torino.
Per quel che si sa, il padre acquisto’ la strumento in data imprecisata dal suo Maestro, Antonio Betella, insegnante presso il Conservatorio di Parma.
Non si sa chi fosse il proprietario precedente.
Sul fondo, oltre all’etichetta, vi e’ una scritta a matita che firma un intervento di restauro ad opera di Giulio Degani, Cincinnati, Ohio, 1927.
Giulio Degani nacque a Montagnana, in provincia di Venezia, nel 1875. Fu allievo del padre Eugenio, ne rilevo’ l’attivita’ a Venezia nel 1915, si trasferi’ in America nel 1922, stabilendosi a Cincinnati, dove lavoro’ per la casa Wurlitzer.
Non so come lo strumento in restauro fosse arrivato in America ne’ come sia poi tornato in Italia.
Non ho mai lavorato su un contrabbasso di Brescia, percio’ le mie conoscenze di quella liuteria non sono di prima mano ma al piu’ di studio.
Percio’ non sono in grado di proporre attribuzioni per lo strumento in restauro.
Spero pero’ che questa documentazione sia d’aiuto all’esperto che lo debba esaminare in futuro.
Lo strumento e’ stato ritrovato in una casa in stato di abbandono a Saluzzo, in Piemonte.
Il proprietario, cantante lirico e Maestro di Conservatorio di canto, e’ un contrabbassista per diletto, e me lo ha affidato per il restauro, con l’intento di renderlo nuovamente suonabile per un repertorio di musica antica e popolare.
Egli ha fatto eseguire una prova scientifica
per conoscere la datazione dell’oggetto, che risulterebbe essere stato costruito tra il 1640 ed il 1720 (immagine dello Studio si può trovare nella documentazione consultabile allegata a questo articolo).
Prime osservazioni
I legni utilizzati sono: per il fondo pioppo, apparentemente in quattro pezzi e con taglio di quarto per le fasce pioppo, non e’ possibile dall’esterno capire con che taglio per la tavola abete, in due pezzi e con taglio tangenziale per il manico e la testa noce per la tastiera faggio.
La tavola e’ verniciata solo con una vernice trasparente, non colorata, mentre il resto dello strumento, escluse le parti scoperte, e’ verniciato con quella che sembra essere una tempera di terra bruno rossastra, a sua volta ricoperta da una vernice trasparente che si stacca a scaglie.
Le misure della cassa, in millimetri, sono.
Lunghezza
1028 (tavola)
1041 (fondo, compresa la nocetta)
Larghezze inferiori
537 (tavola)
543 (fondo)
Larghezze superiori
425 (tavola)
451 (fondo)
Larghezze minime tra le C
318 (tavola)
307 (fondo)
Diapason di cassa (bordo superiore della tavola – tacca interna della effe)
608 (acuti)
604 (gravi)
Manico (capotasto – bordo superiore della tavola)
374 (acuti)
375 (gravi)
Altezze delle fasce
al puntale 186
al massimo inferiore 175 (acuti) 183 (gravi)
al minimo tra le C 182 (acuti) 180 (gravi, presunta, la C e’ staccata)
al massimo superiore 175 (acuti) 180 (gravi, presunta)
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